sabato 24 novembre 2012

Un bacino d'attrazione

C'era una volta un uomo di circa ventotto anni che si aggirava per casa cercando la chiave della porta di casa. Cercava la chiave della porta sul mobiletto, poi il mobiletto nel corridoio, il corridoio in casa e la casa nella via. Qui la storia dell'uomo di circa ventotto anni si bloccava, perchè purtroppo per uscire in strada quest'ultimo aveva bisogno della chiave di casa.


Sto provando a trovare una soluzione ma al momento il ciclo della storia è apparentemente chiuso e purtroppo per noi tutti, ad oggi, tale problema è ancora oggetto di numerosi studi.

(Io ad esempio lo spiegherei con i cicli biperiodali)

domenica 28 ottobre 2012

Lavori il giorno che è notte

Stamattina mi son svegliato che c'era l'ora solare. Che uno quando c'è l'ora solare è contento che la sera prima può far più tardi che tanto si torna indietro nel tempo di un'ora e chi s'è visto s'è visto. Che poi stanotte abbiamo battuto il record di abbassamento delle temperature. Che dalle 2 alle 3 legali si è abbassata la temperatura di tipo 3-4 gradi, e poi dalle 2 alle 3 solari di altri 3-4 gradi. Sei gradi in un'ora è roba. 

Insomma pensavo stamani sotto le coperte che sarebbe bello tutti i giorni tornar indietro di un'ora, ecco. Che dal primo di gennaio ogni giorno vai un'ora indietro, che ogni giorno guadagni un'ora e ogni dodici giorni ti si ribalta il giorno con la notte e inizi a diventare svedese. Che tipo passi da uno stato all'altro mentre sei sempre nel tuo aspelund da 209 cm con le doghe in legno. Lavori il giorno che è notte, e tanto è buio e chi se ne frega. E poi la notte, che alla fine è giorno, esci, e vai a mangiarti un piatto di smörgåsbord con i colleghi. Che insomma pronto, dove andiamo stamani? C'è un concerto dei Gatti Mezzi a mezzogiorno. Norrlands Guld a un euro e cinquanta.



martedì 23 ottobre 2012

Inconvenienti del mattino

Stamani mi son svegliato, sono andato in bagno per far le cose del mattino e quindi in cucina per metter a scaldare del latte. Poi sono andato a vestirmi, che mentre il latte è sul fuoco, uno guadagna tempo, ho pensato. Mi son versato il latte nella tazza per farlo freddare e Torno dopo, mi son detto. Poi son tornato nuovamente in cucina, ma non mi ricordavo se avevo messo lo zucchero nel latte oppure no. Ma io son parecchio sveglio, e per questo genere di inconvenienti del mattino ho messo da anni a punto una tecnica infallibile: ne bevo un sorso, così capisco subito.

giovedì 18 ottobre 2012

Il sorpasso

Stasera verso le ventidue e quaranta, un uomo di circa ventotto anni, in una punto grigia, ha sorpassato un secondo uomo di origine ed età imprecisate, piantato al semaforo verde in via dei Rossi a Scandicci, su un'apecar. Qualche istante dopo, l'uomo di circa ventotto anni è salito in casa, ha acceso il suo netbook ed ha scritto questa cosa sul suo blog. L'uomo dalle origini ed età imprecisate, per quanto ne sappiamo, è sempre là.



mercoledì 10 ottobre 2012

La virtù dell'astrazione


Lavoro da anni all’Unesco e presso altri organismi internazionali, nonostante ciò ho saputo conservare un certo senso dell’umorismo e specialmente una notevole capacità d’astrazione, voglio dire che se un tizio non mi piace lo cancello immediatamente, e mentre lui parla e parla io passo a Melville, e intanto quel disgraziato crede che lo stia ascoltando. Così, se mi piace una donna posso astrarle i vestiti non appena entra nel mio campo visivo, e mentre lei mi dice che oggi c’è un tempo infame, io trascorro lunghi minuti ad ammirarle l’ombelico. Qualche volta è quasi malsana questa mia dote.
Lunedì scorso furono le orecchie che transitavano nella galleria dell’ingresso. Nel mio ufficio trovai sei orecchie; al buffet, a mezzogiorno, ce ne erano più di cinquecento, simmetricamente poste in duplice fila. Era divertente vedere ogni tanto due orecchie emergere, uscire dai ranghi e allontanarsi. Parevano ali.
Martedì scelsi qualcosa che credevo meno frequente: gli orologi da polso. Mi ingannai, perchè all’ora di pranzo ne vidi circa duecento sorvolare le tavole con un movimento di avanti-indietro che ricordava in modo straordinario l’azione di sezionare una bistecca. Mercoledì preferii ( con un certo imbarazzo) qualcosa di più fondamentale, ed elessi i bottoni. Che spettacolo. L’aria della galleria invasa da un banco di pesci dagli occhi opachi che si spostava orizzontalmente mentre ai lati di ciascun piccolo battaglione orizzontale dondolavano pendolarmente  due, tre o quattro bottoni. Nell’ascensore la saturazione era indescrivibile: centinaia di bottoni immobili, o che si muovevano appena, in uno stupendo cubo cristallografico. Ricordo in modo particolare una finestra (era pomeriggio) contro il cielo azzurro. Otto bottoni rossi disegnavano una delicata verticale, e di qua e di là si muovevano dolcemente piccoli dischi madreperlacei e pudichi. Quella donna doveva essere bellissima.
Mercoledì era quello delle Ceneri, giorno in cui i processi gastrici mi parvero adeguato corollario alla circostanza, così alle nove e mezzo fui avvilito spettatore dell’arrivo di centinaia di sacche piene di una pappetta grigia, risultato di un miscuglio fatto di cornflakes, caffelatte, e croissants. Al buffet, vidi in che modo un’arancia si suddivideva in minuti spicchi, che a un certo momento perdevano la propria forma e scendevano uno dietro l’altro andando a formare a un determinato livello un deposito bianchiccio. In questo stato l’arancia percorse il corridoio, scese quattro piani, e dopo essere entrata in un ufficio andò ad immobilizzarsi in un punto posto fra le due braccia di una poltrona. Un pò più in là si vedeva in analogo riposo un quarto di litro di tè carico. Quale curiosa parentesi (ho l’abitudine di esercitare la mia facoltà di astrazione arbitrariamente) potevo vedere anche una boccata di fumo intubarsi verticalmente, dividersi in due traslucide vesciche, uscire di nuovo tramite un tubo e dopo una graziosa voluta disperdersi in barocchi risultati. Più tardi (io stavo in un altro ufficio) trovai un pretesto per tornare a far visita all’arancia, al tè e al fumo. Ma il funo era sparito, e invece dell’arancia e del tè c’erano due sgradevoli tubi ricurvi. Persino l’astrazione ha i suoi aspetti penosi; salutai i tubi e tornai nel mio ufficio. La mia segretaria piangeva leggendo la comunicazione del mio licenziamento. Per consolarmi decisi di astrarre le sue lacrime, e per un certo tempo mi deliziai con quelle minuscole fonti cristalline che nascevano nell’aria e si riversavano allagando estratti, carta assorbente e bollettini ufficiali. La vita è piena di bellezze come questa.

Questa è una storiella di Julio Cortàzar, che mi è piaciuta molto.
Vi consiglio anche il libro da cui è tratta, si intitola "Storie di cronopios e di famas" ed è edito da Einaudi.

venerdì 14 settembre 2012

Salernitana

Saranno le Markov Chains, ma stanotte ho sognato che giocavo in attacco per la Salernitana. Tipo che eravamo allo stadio Arechi, che l'ossatura della squadra era praticamente quella del Sant'Angelo e che vincevamo 2 a 1 con un mio goal dalla distanza. Cecchi Paone (?!?!) sugli spalti che esultava e Lucio che faceva l'allenatore e mi sostituiva a metà secondo tempo. Poi Sunglin ha iniziato a russare violentemente e mi sono svegliato. Meglio, prima di sapere come sarebbe andata a finire con Cecchi Paone.

domenica 9 settembre 2012

Bertinoro, State of Taiwan


Arrivo alle sei scarse, in un viaggio solitario come non mi capitava da tempo. Mai come nei viaggi da solo si ha la possibilità di concentrarsi sui colori dell'ambiente circostante, sull'accento delle persone che si incontrano, sui dettagli dei paesaggi. Così viaggio verso il Muraglione per la seconda volta nel giro di quindici giorni, Dicomano, San Godenzo, poi scollino volando a Castrocaro, Forlì e Bertinoro tra le moto che mi sfrecciano ai lati e i panorami mozzafiato del parco del Falterona. Sono a Bertinoro per una summer school, una settimana di corsi intensivi sull'inferenza bayesiana. E' la seconda summer school nel giro di poco e sarà difficile emulare il clima festaiolo, gli sketch e le risate con gli altri phD candidate di quella passata. Questa è roba per nerd, e saremo un terzo delle persone. Aspettative inferiori ma motivazione altissima. A quanto dicono il futuro è in questa roba. Si vedrà!

Entro nella foresteria (un convento adibito ad albergo) per il check in e mi viene assegnata una doppia. Bella stanza e fantastico soprattutto il cesso-bidet. Un capolavoro di design. Una tazza con un bidet incorporato che non ho avuto l'ebbrezza di testare e forse mai testerò. Comunque, se la scorsa volta di sessanta studenti forse 6-7 erano stranieri, a sto giro non ho avuto l'occasione di chiacchierare con neanche un italiano. Un'incredibile invasione di cinesi e taiwanesi. Pure in stanza. Il mio coinquilino infatti è cinese. Si chiama Susy, ma io non gli ho creduto e gli ho chiesto di ripetermi il nome: Sushi. Per il momento lo chiamerò Sushi, ma mi pare improbabile e forse domani gli chiederò nuovamente il nome. Sono andato a cena da solo al Mutuo Soccorso e mi sono fatto un piatto di tortellini al tartufo. Avendo una fame indecente ho totalmente rovesciato il contenuto dell'intera formaggiera nel piatto e ho fatto una specie di zuppa di tartufo e parmigiano. Buonissimo. Poi ho passato tutta la sera con un gruppo di ventunenni taiwanesi che mi hanno integrato con loro. Ho imparato che "uno" si dice "ìììììì", che due si dice "oa" che tre si dice "sun", tipo il sole, e che il quattro e il cinque non me li ricordo. La taiwanese Candy era la logorroica del gruppo ed è stata lei a inserirmici mentre mi affacciavo sul Belvedere di Bertinoro. Per un'ora abbondante sono stato il loro spasso, ridevano per qualsiasi cosa ed ero il figo di turno. Dora invece si era flippata sulle mie scarpe. Era lì che vedeva se c'erano differenze tra le mie e le sue. Ho scoperto anche che ci sono tante incredibili somiglianze tra il Taiwan e Sant'Angelo a Fasanella, la prima cosa che mi chiedevano i taiwanesi era infatti "quando sei arrivato?" ancora prima di chiedermi il nome.
Io invece i nomi li ho chiesti a tutti quanti. Tutti poi, direi molto educatamente si presentavano con il loro nome cinese ed inglese. Mi ricordo di Peter, Chris e Kevin, Candy, Lucy, Dora e... basta. Nel giro di 15 minuti mi sono sposato e divorziato con Candy la logorroica, la quale ha provato anche a chiedermi quanto volessi (in cash) per andare a vivere a Taiwan con lei. Non ho capito bene il nome cinese di Dora, che mi ha farfugliato qualcosa del tipo "rocòss" che è stato storpiato subito in LowCost tra le risate generali e la faccia inviperita della povera Dora che a quanto pare non ha preso bene lo sketch. Comunque nel giro di 3 ore sono diventato l'idolo di un gruppo di taiwanesi, e la cosa non è propriamente da sottovalutare.

lunedì 3 settembre 2012

Shirotabi

E' strano poi come mia sorella mentre camminava per i corridoi dei templi shintoisti di Kyoto e si purificava alle fonti di acqua benedetta pensasse in realtà... ai miei piedi. Che mi si è presentata a Firenze con un paio di calzini per infradito, di quelli col pollice separato dal resto delle dita. Che son di quelle cose così geniali, ma così geniali che ti chiedi a cosa stesse pensando il lor creatore nell'atto del partorir codesto divino capolavoro di sartoria. Forse ai templi shintoisti di Kyoto.


martedì 17 luglio 2012

Instillavamo dubbi

Gesù Cristo all'età di dieci anni scompariva dalla vista dei genitori per andare al tempio in mezzo a maestri e dottori del popolo a ragionar di legge e filosofia. Tutti si fermavano ad ascoltarlo, tanto era lo stupore nell'osservare la capacità di un bimbo di dieci anni di instillare il dubbio tra i grandi maestri di Gerusalemme e di argomentare  poi le sue tesi citando le parabole dei profeti.
Anche noi, proprio come Gesù Cristo, quand'eravamo piccoli ci divertivamo ad instillare il dubbio alle persone. Lo facevamo con un gioco estremamente intelligente che consisteva nel toccare la spalla di qualcuno che era girato di spalle, e quando questo si girava si trattava di spostarsi rapidamente dalla parte opposta. E quello lì poi non sapeva chi era stato a toccargli la spalla.

mercoledì 11 luglio 2012

Rompere gli equilibri


Provavo gusto coi fricchettoni dell'altra sera, che eran tutti intenti a parlar di cose serie, della cooperazione, di monitoraggi, valutazioni e sostenibilità varie, dicevo, provavo gusto a parlar di cose terra terra, tipo parlar di fregna da spiaggia e mojiti. Poi molti se ne sono andati a dormire.
Provavo gusto poi coi tizi del circolino dell'altra sera, che eran tutt'intenti a parlar di cose frivole, dei tatuaggi tribali, delle briache al Flò, delle serate al Papeete (??), dicevo, provavo gusto a parlar dell'arrivo di Muhammad Yunus a Pistoia. Poi molti se ne sono andati a giocare a ping pong.


martedì 12 giugno 2012

Cose che ti ho promesso mi sarei appuntato e che alla fine mi sono appuntato #1

La calma è la virtù dei forti,

La palma è la virtù dei corti,
La melma è la virtù dei porti.

Adesso che me lo son segnato credo di poter tornare a dormire.



venerdì 8 giugno 2012

Mitopoiesi del giovedì

...il venerdi è un giorno di sole e di studio ma godiamo di più il giovedi nonostante il venerdi si mangino il pesce, le zucchine e soprattutto l'uovo sodo.









...questo post è il frutto di un attacco di genialità delle 11.30 del mattino, ed stato scritto in collaborazione con Grazia, che a breve aprirà  una rubrica su questo blog.


martedì 5 giugno 2012

Che peccato.

Pensavo che dovrei prendere nota di tutte le idee meravigliose che mi vengono in mente la notte quando mi sveglio. 
Ci sono delle idee fantastiche che arrivano quando senti la vescica premere direttamente sul cervello. Il cervello inizia a mettersi in moto e ti fa venire subito in mente delle idee geniali. 
Poi mi sveglio la mattina e non me le segno mai, e tutte le idee partorite la notte prima sono già andate a farsi benedire.
Che peccato.
Ci potrei scrivere un libro.
E invece no.
Che peccato.

lunedì 4 giugno 2012

La luna

Ecco, io spero sempre che non caschi.








mercoledì 9 maggio 2012

37.4

Ieri sera poi son rientrato a casa dal calcetto, ho mangiato e ho acceso il computer perchè non avevo sonno. Mi sono cambiato per andare a dormire e di colpo  così, mi è salita la febbre quasi a 38. Credo nel giro di un minuto. Nella società contemporanea manco la febbre se la prende con calma, mi son detto. Al che ho sollevato le lenzuola e mi son messo a dormire.
Stamattina ho mandato un messaggio presto per avvertire che non sarei andato al lavoro e mi sono rimesso a letto col termometro al mercurio sotto al braccio. Trentasette punto quattro gradi centigradi. Poi mi sono addormentato e ho rimisurato la temperatura verso le otto. Trentasette punto quattro gradi centigradi. Poi l'ho misurata altre due o tre volte nel corso della mattinata, sempre trentasette punto quattro gradi centigradi. Mi son sentito veramente orgoglioso di me stesso. Che uomo in gamba che sei, anche con la febbre riesci a tenere la temperatura costante a trentasette punto quattro gradi centigradi.

lunedì 30 aprile 2012

Aglio, menta e basilico


Le cose belle della vita le ho sempre viste a colori. Io Marsiglia la immaginavo proprio cosi. Ocra e azzurra. Una piazzetta dai colori caldi con degli alberi ed un caffè sotto un cielo azzurro.  Persone sedute ai tavolini di un bar, che al caldo del mezzogiorno leggono il giornale sorseggiando Pastis.
Ed è così. Un intrico di vicoli, illuminati da una luce abbagliante che filtra per le strade del vecchio quartiere Panier. Che è un eterno cero. Un dedalo di viuzze in cui l’ocra nuova delle facciate, all’italiana, cerca di far dimenticare a tutti le radici antiche della città. Un continuo salire, scendere, e poi risalire. Marsiglia è città di vento. Il Mistral, che si infiltra in cima alle stradine e spazza al mare gli odori pungenti dei vicoli.
Marsiglia non è una città per turisti. Non c’è niente da vedere né da fotografare, tutto da condividere. Tanto per citare Izzo.


lunedì 23 aprile 2012

poverocane


Io arrivo, ci metto poco, entro la porta di casa e c’è il cane che mi guarda. Io non mi fermo, ma penso che il cane magari era li che aspettava che lo salutassi, ci può anche stare, io lo capisco che magari un cane si aspetta che quando uno entra in casa e lo vede che lo guarda, gli prenda l’istinto zoofilo, si fermi e lo accarezzi. I cani, poi c’è a chi piaccion di più e c’è a chi piaccion di meno, è naturale, non è che siam fatti tutti allo stesso modo. Ci son quelli ad esempio a cui piacciono i Pooh, a me non piacciono i Pooh, non si possan nemmeno ascoltare, ma lo capisco che esistano persone a cui piacciono.


Comunque, dicevo, mi son perso, capita, in ogni caso, volevo dirti che saluto con un abbraccio la padrona di casa e il cane in automatico mi molla un morso sul polpaccio. Che se ci pensi è una fortuna. E’ una fortuna che ti venga tatuato d’urgenza un canino sul polpaccio la sera alle otto quando tutti i negozi di tatuaggi son chiusi. Che io un morso sul polpaccio non lo avevo mai ricevuto. Ci ha pensato il cane, poverocane. Che poi peraltro la cosa che mi ha turbato di più era che poi la gente diceva pure poverocane. Che il cane era diventato triste perché mi aveva morso, che era, poverocane, mortificato in un angolo a testa bassa. E allora puccipucci al cane, mentre io mi osservavo l’ovatta col sangue. Che il cane no, ti morde ma solo per istinto. No il cane no, se ti morde è perché è “nanimale” e non lo ha fatto a posta a morderti. Il cane no, cioè, se il cane ti morde non è vero che ti ha morso, te lo sei inventato tu. Che poi, che vuoi che sia, il cane è vaccinato, è pulito, è sterile, ci puoi mangiare sopra… sei stato tu ad aver infettato col tuo polpaccio il cane. Che se gli si caria il dente e ci tocca portarlo dall’odontotecnico è solo colpa tua. E ora ti tieni morso, colpa e gli paghi pure l’otturazione.

giovedì 15 marzo 2012

Il Ti Amo telefonico


...che io poi ce l'ho sempre avuto. Mi ha sempre accompagnato in tutte le mie vicende senza mai abbandonarmi. Che poi se mi succedeva una disgrazia e c'era, come dire, da rimboccarsi le maniche lui subentrava a sistemare tutto, si si, ci entrava di lato, in tackle, e mi rovesciava il pronostico. Ce l'ho sempre avuto lì che mi accompagnava e non mi abbandonava e poi subentrava e mi rovesciava il pronostico. Il sedere dico. Nemmeno stavolta che bombardato dalle disgrazie a grappolo avevo quasi tirato i remi in barca, nemmeno stavolta - dicevo - mi ha lasciato lì, da solo, ad affogare. Che poi si sapeva che io fossi un uomo tutto ripieno di codesta fortuna. Che la gente, poi, sapendolo, si chiedeva forse dove fosse andato a finire, Io stesso mi chiedevo se fosse volato via. Che magari lui, il Sedere, ci aveva dei problemi esistenziali. Di quelle incertezze che ti strozzano e ti lasciano a terra. E si era messo lì (già ce lo vedo) a pensare se (astoggiro) manifestarsi oppure no contorcendosi in pensieri di una lentezza assoluta e pensando che si, beh, forse, poi - E' meglio che stavolta non vada che ci ho da pensare a me -. - Ma poi, no, penserà male di me - (avrà pensato). Che a pensar male si fa peccato ma poi alla fine ci si indovina (avrà poi certamente ribattuto tra se e se, in un rimorso di coscienza) e quindi meglio darsi una mossa e dargli un aiuto:
...ed è così che ricevo questa telefonata da questo angelo di nome Francesca, che dice che non mi conosce ma che ritrova il mio giubbotto e che mi cerca ostinatamente su google e addirittura mi rintraccia. Lei, che mi dice tutto questo, andrebbe gratificata subito con un Ti Amo telefonico, penso. Che una donna che vede il mio giubbotto buttato in un contatore di una via sconosciuta, ci ravani dentro ed abbia la sensibilità di contattarmi, beh Lei un Ti Amo telefonico se lo merita tutto.

domenica 26 febbraio 2012

Sulle disgrazie

Ci sono le disgrazie puntuali e le disgrazie a grappolo. 
Le disgrazie puntuali colpiscono a spot, sono a basso impatto, routinarie e ad assorbimento rapido. Diverse invece le disgrazie a grappolo, che si presentano, e qui scusatemi, a cacca di pecora (cit. Paola B.). In gruppo ma sparse. Si manifestano nel long run con molta meno frequenza, ma quando arrivano lo fanno in pompa magna ornandosi di una serie definita di eventi tragi-comici. Ci sono esseri umani naturalmente predisposti alla tipologia puntuale ed altri più adatti alla tipologia grappolo. Io credo di appartenere alla seconda categoria: sento proprio il grappolo facile. 
Stanotte, sabato notte, che poi era domenica mattina, ci erano le danze tsigane, ci era un gruppo che suonava anche Vinicio Capossela e ci era poi una compagnia fantastica. Tutto troppo bello. Il substrato perfetto per il ritorno del grappolo. Ballo, con Paola al mio fianco, appinguinati al resto della gente e tac, eccolo. Giunge in tackle il grappolo: per la seconda volta nella mia vita mi rubano il giubbotto. Il quale giubbotto, nella disgrazia, conteneva ovviamente anche le chiavi. Di casa. E pure dell'auto. Un grappolo vincente a sto giro. Un grappolo di qualità. Un grappolo platinum.

Parte il grappolo insomma: e con esso arrivano i pakistani a vendermi le rose.  Sempre di più. Uno, due, mille. Tantissimi pakistani mentre cercavo il giubbotto con la luce del cellulare in mezzo alle gambe della gente.  Le congiunzioni strane della vita. Paola va al bancone a denunciare il furto. Io pure vado al bancone a denunciare il furto, ma da un secondo barista.

Peppe mi viene a prendere. Prendo le chiavi a casa, torniamo e giustamente... non troviamo la macchina. Cazzo. La vita si accorcia di un anno. Facciamo la strada una seconda volta. La macchina poi appare. ?. Non l'avevamo vista. 
Torno al bancone della Citè per vedere se casomai...
Mi dicono che sono il terzo a denunciare un furto. Io, io e io. Ben tre persone stanotte hanno perso un giubbotto.
Giubbotti, chiavi, pakistani, macchine perse e poi ritrovate. Insomma, il grappolo è in caduta libera.

3 della notte. A casa, finalmente a casa, entro. Mi siedo e parte la filippica sugli "Elementi di psicologia comportamentale" tenuta da mia madre. Per la collana: "Tutto ciò che uno ama sentirsi dire dalle 3 alle 4 del mattino". 
8 della mattina. Sveglia forzata e denuncia dai Carabinieri. Ciruzzo 'o Pisciaiuol, (il Carabiniere di servizio) premendo una lettera al minuto sulla tastiera ci schiaccia mezz'ora per scrivere un verbale di dieci righe. "Dunque, ripeto, il nome del locale è La Citè". "La Ci trè?". Rimarrà nell'epica. Così come il mio sonno. 

Rientro e parcheggio finale con tanto di ciliegina. Un senegalese si avvicina alla macchina. 
Scendo e mi dirigo verso il portone.
Mi segue. 
Mi blocca, ha un foglio rosa con se. 
Vuole, alle 9.30 della domenica mattina, fare pratica di scuola guida con la mia auto.



lunedì 20 febbraio 2012

Il caneastro

Sono tornato a casa con lo stomaco pieno. Di una pizza di quelle alte che qui a Firenze sono in pochi a farla. Anche a Scandicci esiste un posto dove te la fanno più spessa. E io a dir la verità, ci vado spesso ad ordinarla li.
Fuori non è freddo, c'è una pioggia lieve ma insistente. Ho parcheggiato la macchina sotto casa e visto che non era tardi sono andato a fare un giro a piedi qui intorno, c'è un piccolo isolato pieno di villette, dove sopravvivono ancora dei pini marittimi, gli unici che il comune ha lasciato intatti. Il cielo è tappato da un cappone di nuvole. Un grande cappone. Di nuvole. Seduto a covare Scandicci. Camminando raggiungo la villetta del cane Astro. Quando ero piccolo mi fermavo spesso dal cane Astro, che sbucava con la testa dai paletti del cancello che dava sulla strada per andare all'asilo. Il cane Astro era un cane lupo di grandi dimensioni. Uno di quei cani esattamente uguali al cane stampato sulla targa "attenti al cane". Mi avvicinavo al cane Astro (che per comodità chiameremo caneastro) anche se a me in realtà non piaceva. Non posso darvi informazioni sul sesso del caneastro, non si è mai saputo di che tipologia spicifica fossero le sue gonadi. Diciamo che ero costretto ad avvicinarmi al caneastro perchè mia madre si fermava tutte le mattine a chiacchierare del nulla con la sua padrona.  Quindi mentre mia mamma parlava con la signora, io, (che praticamente fino alla seconda elementare sono stato la prolunga umana di mia mamma) il piccolo Alessandro (detto "La prolunga"), mi facevo ogni mattina 10 minuti di face-to-face col caneastro. Che praticamente la mia faccia arrivava all'altezza di quella del cane. E non succedeva assolutamente niente, anzi...  io lo vedevo che il caneastro era anche un po' imbarazzato dal fatto che ci ritrovassimo ogni mattina a guardarci come due fessi a 20 centimetri di distanza. Ma lui, seppur io gli ostentassi la più ferma indifferenza, rimaneva a guardarmi nonostante tra i due l'unico a potersi sprolungare (vista la lunghezza del guinzaglio) fosse lui (non ho mai capito perchè la signora tenesse il cane al guinzaglio nel suo giardino). Io mi sarei sprolungato più che volentieri, ma mia mamma aveva le dita a scatto.




venerdì 27 gennaio 2012

Vi stupisco io


Ogni tanto mi metto a cucinare, tipo stasera. Fai conto che in genere dai miei è sempre tutto pronto. Ma tipo stasera mi son detto, via, li impressiono io. Che ci ho proprio delle grosse potenzialità, facevo notar loro. Che i mesi passati a far danni e a mescolar reagenti per far terreni nel laboratorio di microbiologia a qualcosa saran pur serviti no? Cara madre e caro padre.
Quindi stasera dicevo, vi impressiono io cari genitori, che ho delle abilità culinarie che nemmeno un microbiologo. Riflettete dall'alto del vostro conservatorismo imperante e smettetela con queste idee passatiste che un uomo ai fornelli è un incapace.
Che poi io sono uno di quelli che i fornelli li guarda con rispetto. Tipo lo spremiagrumi, che è una cosa che se la usi poi devi pulirla con gran dispendio di energia e perizia tecnica.
Insomma, vi stupisco io, ho detto. Ho aperto un uovo e mi è caduto nel lavandino.

mercoledì 4 gennaio 2012

Super partes

Sono diversi giorni che tutte le cose che scrivo mi paiono delle stronzate.

Ci sta che non sia in grado di giudicare quel che scrivo, mi son detto, dipende troppo dall'umore, che se son felice mi sembra tutto bello e se son triste mi sembra tutto brutto, mi son detto.

Allora ho preso tutte le cose che ho scritto e le ho mandate a mia sorella che le ha lette, e poi mi ha detto che erano stronzate sul serio.