Però ci sono quei trenta minuti che precedono il pranzo che andrebbero riempiti in qualche modo. Gli inglesi accendono la tivì e si sparano uno dei tanti food programmes, che fanno tendenza in questo periodo. Pensavo l'altro giorno che di cose da dire in effetti ce ne sarebbero sempre. Che se ti metti a pensare bene alle tue giornate, tireresti fuori centinaia di cose da scrivere. Tenere traccia delle cose che mi succedono non mi dispiacerebbe, anche se poi però dovrei passare la vita a scrivere. E a quel punto scriverei di me che scrivo. Voglio dire, smetterei di vivere. Si tratta di una scelta tra vivere o scrivere sul blog. E' difficile.
Impulsivamente opterei per la prima. Ma forse la vita di uno che scrive di sè che scrive nel pre-pranzo, magari non è poi tanto male.
Mi viene da lanciare qualche riflessione, sul tema: quello che scrivi resta, come dicevano saggiamente quei tizi che parlavano in latino; ciò presuppone il coraggio di assumersi pienamente la responsabilità di quanto si scrive. A piccole dosi è una figata ma se inizi a scrivere tanto... be', devi pensarci bene, insomma.
RispondiEliminaScrivere ha molti effetti positivi, comunque: non è solo un modo per condividere, per comunicare; è un modo per fermare in testa le cose che contano, per fare chiarezza, oltre che per memorizzare.
Per molte persone, in alcuni momenti della vita, è pure una forma di autoanalisi.
Scrittura, ma anche rilettura. Amo andare a rileggere quello che scrivo. Ed è impressionante.
RispondiEliminaSi, ti capisco perfettamente.
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